La Preservazione Divina della Sunnah (4 di 7): La Preservazione dell'Isnaad.
Descrizione: La seguente serie di articoli illustra i mezzi utilizzati nel corso della storia per garantire che la Sunnah, o insegnamenti del Profeta Muhammadr , rimanesse autenticamente conservata e priva di alterazione e interpolazione. Quarta Parte: La pratica dell'indicazione dell'Isnaad e la sua preservazione sin dai primi anni.
- Da Jamaal al-Din Zarabozo (© 2014 IslamReligion.com)
- Pubblicato su 02 Jun 2014
- Ultima modifica su 02 Jun 2014
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Riguardo al momento in cui i narratori sono stati costretti dagli ascoltatori a menzionare i loro isnaad, afferma Fullaatah, che Abu Bakr, che Allah si compiaccia di lui, il primo califfo morto solo due anni dopo il Profetar, è stato il primo a esigere dal narratore la dimostrazione dell'autenticità del proprio racconto, e che a volte non accettava la notizia se dopo la convocazione di un testimone che confermasse il suo hadiith.
E così anche 'Umar, che Allah si compiaccia di lui, seguì la stessa metodologia.
In questo modo scoprivano se la persona avesse sentito il
hadiith direttamente dal Messaggero di Dior o attraverso qualche fonte intermediaria.
Il loro obiettivo era di verificare la correttezza della narrazione che benché
fosse tale, al tempo stesso tal opera, inavvertitamente, induceva il narratore
a mostrare lo stato dell'Isnaad del suo hadiith. Pertanto, i
narratori già durante la loro epoca (quindi subito dopo la morte del Profetar) sono stati indotti ad esporre i loro isnaad.
Ali, il quarto califfo, contemporaneo della fitnah (intesa come
tumulto), che Allah si compiaccia di lui, a volte esigeva dal narratore il
giuramento di aver sentito il hadith direttamente dal Profetar.
Ovviamente, anche dopo la fitnah, continuò l'uso del richiedere al narratore la dichiarazione delle fonti[1].
Per quanto riguarda invece a quando il narratore
cominciò ad insistere nel citare l'Isnaad di ciascun hadiith,
afferma Fullaatah che questa urgenza si è rafforzata in modo davvero evidente
dopo che i narratori deboli e le persone immorali cominciarono a raccontare ahadiith.
Durante quest'epoca il narratore stesso s'impegnava nel citare l'Isnaad
del hadiith narrato.
Al A'mash era solito raccontare il hadith e poi dire: “ E qui vi
è il cardinale della questione”, seguendo col parlare dell'Isnaad.
Al-Waleed ibn Muslim proveniente dallo Shaam ha riferito: “Un giorno, Al Zuhri disse: «Cosa c'è di malfatto in voi che vi vedo narrare il hadith senza la parte essenziale o più importante?». Dopo quel giorno i nostri compagni [cioè la gente dello Sham (Paesi del Levante, Medio Oriente o Arabia settentrionale)] si abituarono a menzionare l' Isnaad”[2].
I sapienti quindi biasimavano gli studenti circa l'ascolto del hadith da insegnanti che si limitavano a ricordarlo senza l'Isnaad[3]. Infatti essi rifiuteranno qualsiasi detto privo della catena di trasmissione. Bahz ibn Asad disse: “Non accettare un hadith da qualcuno che non dice: «Ci ha narrato il tale»“, cioè privo di Isnaad. I musulmani cominciarono ad insistere sull'uso della catena di trasmissione anche in altre discipline diverse da quella del Hadith, come in Storia, in Tafsiir (esegesi del Corano), in Poesia ecc.
Pertanto, dopo aver discusso la questione in dettaglio, Fullaatah ha concluso con quanto segue:
1.L'Isnaad fu utilizzato già durante il tempo dei Compagni, che Allah si compiaccia di loro.
2.Abu Bakr, che Allah si compiaccia di lui, fu il primo ad imporre ai narratori la citazione della fonte del loro hadith.
3.Il narratore stesso ha insistito nel citare l'Isnaad di ogni hadith sulla scia dei punti (1) e (2) precedenti[4].
In conclusione, non c'è mai stato alcun momento in cui le narrazioni dei detti siano state completamente prive del ricordo dell'Isnaad. Durante il tempo dei Compagni, l'uso della catena di trasmissione non era così evidente perché (di solito) non c'era nessun mediatore tra il narratore e il Profeta, che Iddio lo elogi e lo preservi. (L'epoca dei Compagni si è conclusa “ufficialmente” nel110 dopo al Hijra, con la morte dell'ultimo Compagno). Abu Bakr e Umar, che Allah si compiaccia di loro, erano scrupolosi nel controllo dell'autenticità degli ahadith. Più tardi apparvero sapienti come Al Sha'bi e Al Zuhri, che evidenziarono ai musulmani la necessità di citare l'Isnaad col hadith. L'importanza di questa pratica esaltò particolarmente dopo i principali scontri (come quella che ha causato la morte di Uthmaan, che Iddio si compiaccia di lui), e le persone si resero conto che le narrazioni del hadith rappresentavano la loro religione e, pertanto, dovevano necessariamente guardare con attenzione da chi stavano prendendo questa religione. Dopo i primi anni, l'Isnaad e il suo uso corretto divenne standardizzato e la sua conoscenza formò un ramo indipendente nella scienza del hadith. Ciò (la menzione dell'isnaad) continuò fino alle principali raccolte di hadith accuratamente redatte nel terzo secolo[5].
In realtà, Iddio ha benedetto la nazione di Muhammad, che Allah lo elogi e lo preservi, attraverso quel modo unico di preservare i suoi insegnamenti originali: l'Isnaad.
Scrisse Muhammad bn Haatim bn Al Mudhaffar:
“In verità Iddio ha onorato e distinto questa nazione e l'ha sollevata sopra le altre attraverso l'uso dell'Isnaad. Nessuna delle nazioni precedenti o presenti possiedono catene di trasmissione ininterrotte. Hanno in loro possesso pagine [antiche], ma i loro libri sono stati mescolati con i loro rapporti storici e non sono in grado di distinguere ciò che è stato originariamente rivelato, come la Torah o del Vangelo, e ciò che è stato aggiunto in seguito, come le segnalazioni prese da inaffidabili [o, più probabilmente, narratori sconosciuti]” [6].
Nota:
[1] Fullaatah, vol. 2, pag. 20-22.
[2] Citato da Fullaatah, vol. 2, pag. 28.
[3] Ibid. vol. 2, pag. 28/29. Vedi la storia di Al Zuhri, Abdullah ibn Al Mubaarak e Sufiaan Al Thauri in quelle pagine.
[4] Fullaatah, vol. 2, pag. 30.
[5] In effetti, la tradizione al racconto del hadith con il loro isnaad continuò fino al quinto secolo. In seguito, dopo questo periodo i libri furono trasmessi tramite l'ijaaza (ovvero il permesso dato dall'autore ad altri per raccontare i propri libri o le proprie raccolte di hadith), anche se comunque ancora oggi vi sono sapienti che sono in grado di narrare gli ahadith con una catena completa sino al Profeta, che Allah lo elogi e lo preservi. Cf, Khaldoon Al Ahdab, Asbaab Ikhtilaaf Al Muhadeetheen (Jeddah: Al Dar Al Saudiya, 1985)., Vol. 2, pag. 707.
[6] Citato da Abdul Wahaab Abdul Lateef, in “Al-Mukhtasar fi Ilm Rijaal Al Athar” (Dar Al Kutub Al Hadiithia), pag. 18.
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