La misericordia di Muhammad verso i Non-Musulmani (parte 1 di 2)
Descrizione: La misericordia del Profeta verso i Non-Musulmani, anche quelli che cercarono di ucciderlo ed erano contro la sua missione durante tutta la sua vita. Parte 1.
- Da M. Abdulsalam (© 2014 IslamReligion.com)
- Pubblicato su 23 Jun 2014
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Il Profeta Muhammad, possa la misericordia e la benedizione di Dio essere su di lui, è stato descritto come una "misericordia per tutti i mondi", come Dio disse nel Corano:
"Non ti mandammo se non come misericordia per il creato." (Corano 21:107)
Questa clemenza non era solo destinata alla nazione musulmana, ma si estese anche ai non musulmani, alcuni dei quali spesso cercarono con tutti i loro sforzi di danneggiare il Profeta e la sua missione. Questa misericordia e questo perdono sono chiaramente dimostrati nel fatto che il Profeta, che la misericordia e la benedizione di Dio siano su di lui, non si vendicò su nessuno per motivi personali e sempre perdonò anche i suoi più accaniti avversari . Aisha disse che il Profeta non si vendicò mai per conto proprio a nessuno. Anche disse che non ricambiò mai il male con il male, ma di aver scusato e perdonato. Questo, se Dio vorrà, diventerà chiaro dopo una profonda analisi dei seguenti conti della sua vita.
All'inizio della sua missione, il Profeta viaggiò per la città di Taif, una città situata tra le montagne vicine alla Mecca, per invitarli ad accettare l'Islam. I leader di Taif, tuttavia, furono maleducati e scortesi nel loro trattamento nei confronti del Profeta. Non ebbero solo un atteggiamento insolente verso di lui, inoltre portarono alcune bande della città a molestarlo. Questa marmaglia seguì il Profeta gridando e insultandolo, e lanciando pietre contro di lui, fino a quando fu costretto a rifugiarsi in un frutteto. Così il Profeta dovette sopportare ancora più ostacoli a Taif di quanto avesse dovuto affrontare alla Mecca. Questi ruffiani, si stanzionarono su entrambi i lati del percorso, lo bersagliarono con pietre fino a quando ferirono i suoi piedi che furono imbrattati di sangue. Queste oppressioni abbatterono il Profeta così gravemente che lo portarono in uno stato di tristezza in modo tale che pregò citando la sua perplessità e la sua disperazione cercando l'aiuto di Dio, spontaneamente uscivano dalla sua bocca:
"O Dio, mi rivolgo a Te lamentandomi della mia debolezza, della mia mancanza di risorse e dell'umiliazioni di queste persone. Tu sei il Misericordioso, il Signore dei deboli e il mio Maestro. A chi mi Vuoi consegnare? Ad un estraneo, che ha cattiva volontà, o un nemico dato potere su di me? Se Tu non mi assegni alcun valore, non mi interessa, poichè la Tua grazia è abbondante su di me. Cerco rifugio nella luce della Tua compicenza, la quale dissipa tutte le tenebre e ogni affare di questo mondo e dell'aldilà si chiarisce, perché la Tua rabbia o la Tua luce del dispiacedere non scendino su di me. Ho solo bisogno del Tuo piacere e della Tua soddisfazione, poichè solo Tu mi permetti di fare il bene ed evitare il male. Non vi è alcun potere e forza, senza di Te."
Il Signore poi inviò l'angelo delle montagne, cercando il consenso del Profeta di riunire le due colline e schiacciare la città di Taif, la quale si trova tra di loro. Dalla sua grande tolleranza e misericordia, il Messaggero di Dio rispose,
"No! Infatti, spero che Allah faccia uscire dei loro lombi chi adori Allah,L'Unico e non Gli associ alcunchè." (Sahiih Muslim)
La sua misericordia e la compassione fu così grande che in più di una occasione, Dio stesso, lo corresse per questo. Uno dei più grandi oppositori dell'Islam e un nemico personale, fu Abdullah bin Ubayy, il capo degli ipocriti del Medina. Esteriormente proclamò di essere Musulmano, ma in verità inflisse gravi danni ai Musulmani e alla missione del Profeta. Conoscendo la sua situazione, il Profeta Muhammad pregò al suo funerale per lui e pregò Dio di perdonarlo. Il Corano cita questo episodio con queste parole:
"Non pregare (O Muhammad) per nessuno di loro quando muoiono e non star ritto [in preghiera] davanti alla loro tomba. Rinnegarono Allah e il Suo Messaggero e sono morti nell'empietà." (Corano 9:84)
Abdullah bin Ubayy lavorò tutta la vita contro Maometto e l'Islam e non lasciò nulla di intentato in modo da portarlo in cattiva luce e cercare di sconfiggere la sua missione. Ritirò i suoi trecento sostenitori nella battaglia di Uhud e quindi quasi spezzò le reni ai musulmani in un solo colpo. Si 'impegnò in intrighi e atti di ostilità contro il Profeta dell'Islam e dei musulmani. Fu lui che ha cercò di portare vergogna al Profeta incitando i suoi alleati di accusare falsamente la moglie del Profeta, Aisha, di adulterio per screditare lui e il suo messaggio.
La misericordia di Muhammad verso i Non-Musulmani (parte 2 di 2)
Descrizione: La misericordia del Profeta verso i Non-Musulmani, anche quelli che cercarono di ucciderlo ed erano contro la sua missione durante tutta la sua vita. Parte 2: Altri esempi.
- Da M. Abdulsalam (© 2014 IslamReligion.com)
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La Misericordia del Profeta, si estese anche su coloro che brutalmente uccisero e poi mutilarono il corpo di suo zio Hamzah, uno delle persone più amate dal Profeta. Hamzah fu uno dei primi ad accettare l'Islam e, attraverso il suo potere e la sua posizione nella gerarchia dei Quraishiti, deviò molto male dai musulmani. Un schiavo abissino incaricato della moglie di Abu Sufyan, Hind, lo cercò e lo uccise nella battaglia di Uhud. La notte prima della presa della Mecca, Abu Sufyan accettò l'Islam, temendo la vendetta del Profeta, che la misericordia e la benedizione di Dio siano su di lui. Quest'ultimo lo perdonò e non lo punì per i suoi anni di inimicizia.
Dopo l'uccisione di Hamzah, Hind mutilò il suo corpo, tagliandogli il petto e strappandogli il fegato e il cuore a pezzi. Quando andò umilmente dal Profeta e accettò l'Islam, la riconobbe, ma non disse niente. Era così colpita dalla sua magnanimità che disse: "O Messaggero di Dio, nessuna tenda era più deserta nei miei occhi che la tua, ma oggi nessuna tenda è più bella nei miei occhi che la tua."
Ikrama,il figlio di Abu Jahl, fu un grande nemico del Profeta e dell'Islam. Fuggì dopo la presa della Mecca e andò nello Yemen. Dopo che sua moglie abbracciò l'Islam, lo portò al profeta Maometto sotto la sua protezione. Era così contento di vederlo che lo salutò con le seguenti parole:
"O cavaliere emigrato, benvenuto."
Safwan bin Umaya, uno dei capi della Mecca, fu anche un grande nemico di Muhammad e dell'Islam. Promesse una ricompensa a Umair Ibn Wahab se fosse riuscito a uccidere Muhammad. Quando Mecca fu conquistata, Safwan fuggì a Jeddah, nella speranza di trovare un posto in barca che lo avrebbe portato allo Yemen via mare. Umair ibn Wahab venne da Muhammad e disse: "O Messaggero di Dio! Safwan ibn Umayya, un capo della sua tribù, è scappato dalla paura a causa di cosa avresti fatto a lui e minaccia di gettarsi in mare." Il Profeta gli inviò una garanzia di protezione e, al suo ritorno, chiese Muhammad di dargli due mesi per giungere ad una decisione. Gli furono dati quattro mesi, dopo di che divenne musulmano di propria volontà.
Habir ibn al-Aswad fu un altro nemico vizioso di Muhammad e dell'Islam. Inflisse un grave infortunio a Zainab, la figlia del Nobile Profeta quando decise di emigrare al Medina. Lei era incinta quando iniziò la sua migrazione, i politeisti della Mecca cercarono di impedirla. Quest'uomo particolare, Habbar bin al-Aswad, la aggredì fisicamente e intenzionalmente la fece cadere dal cammello. La caduta causò un aborto del suo bambino, e lei stessa, fu gravemente ferita. Commesse molti altri crimini contro i musulmani. Voleva fuggire in Persia, ma, decise di andare da Muhammad, così, il Profeta lo perdonò.
La tribù di Quraish erano nemici giurati dell'Islam e, per un periodo di tredici anni, mentre era ancora alla Mecca, biasimavano, schernivano il Profeta e lo prendevano in giro, lo combatterono e gli fecero del male, sia fisicamente che mentalmente. Gli misero la placenta di un cammello sulle spalle, mentre pregava, lo boicottarono e la sua tribù fino a quando le sanzioni sociali divennero insopportabili. Tramarono e tentarono di ucciderlo in più di una occasione, e quando il Profeta fuggì al Medina, radunarono la maggior parte delle tribù arabe e condussero molte guerre contro di lui. Eppure, quando entrò Mecca vittorioso con un esercito di 10.000, non si vendicò di nessuno. Il Profeta disse ai Quraish:
"O gente di Quraish! Cosa pensate che dovrei fare di voi?
Sperando in una risposta positiva, dissero: " Tu farai del bene. Tu sei un nobile fratello, figlio di un nobile fratello."
Il Profeta allora disse:
"Allora io vi dico quello che Giuseppe disse ai suoi fratelli: ‘Non avete nessuna colpa.’ Andate! Perchè siete tutti liberi"[1]
Raramente leggiamo nei libri della storia su istanze di richiesta di perdono. Anche il suo mortale nemico Abu Sufyan, che condusse tante battaglie contro l'Islam, è stato perdonato, come ogni persona che rimase in casa e non uscì a combattere contro di lui.
Il Profeta perdonò tutto e nessun crimine e aggressione contro di lui fu troppo grande per essere perdonato da lui. Era l'esempio completo di perdono e di bontà, come indicato nel seguente versetto del Corano:
"Prendi (O Muhammad) quello che ti concedono di buon grado, ordina il bene e allontanati dagli ignoranti." (Corano 7:199)
Sempre respinse il male con il bene e il perdono e con un adeguato comportamento, la sua convinzione fu, che un antidoto fosse meglio del veleno. Credette e praticò il precetto che l'amore avrebbe potuto sventare l'odio, e che con il perdono avrebbe potuto vincere l'aggressione. Sottomise l'ignoranza delle persone con la conoscenza dell'Islam, e la follia e il male della gente con il suo trattamento indulgente. Con il suo perdono, liberò la gente dalla schiavitù del peccato e del crimine, e li rese grandi amici dell'Islam. Era un epitome del versetto del Corano:
"Non sono certo uguali la cattiva (azione) e quella buona. Respingi quella con qualcosa che sia migliore: colui dal quale ti divideva l'inimicizia, diventerà un amico affettuoso ." (Corano 41:34)
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